“Mario, perché corri?”

Quante volte ci siamo sentiti rivolgere questa domanda, eh?!? Perché chi non corre proprio non riesce a comprendere cosa ci spinga a metterci le scarpette e uscire a farlo. Col caldo torrido o in mezzo alla neve o sotto la pioggia; dopo una dura giornata di lavoro o la mattina appena alzati con gli occhi ancora cisposi…

Perché corriamo? Perché corrono quelli come noi? Chi ce lo fa fare?

Me lo sono chiesto anch’io la prima volta che sono andato a fare una sgambata. Non era stata una scelta, ma un obbligo.

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Chi ero fino al 2001: il classico sportivo medio italiano, calcetto e telecomando. Partitelle una volta alla settimana, senza allenamento, senza preparazione, senza tecnica, senza ritegno. Senza attenzione, soprattutto da parte degli avversari… Un calcione e il legamento crociato che se ne va… E un anno che passa prima che mi decida a farmi operare. Quindi l’intervento, la riabilitazione, lunga e impegnativa. Sei mesi praticamente fermo, con un gamba ormai quasi priva di forza, di muscolatura, di elasticità. Andando avanti solo col sogno di poter di nuovo tirar calci ad un pallone. E poi finalmente l’ortopedico che ti dice: “Ok, dalla prossima settimana devi riprendere la mobilità completa, iniziamo a fare un po’ di corsa al parco”. Ecco, la prima volta che sono andato a correre l’ho fatto perché mi era stato imposto. Ed io avevo accettato solo perché volevo riprendere a giocare a calcio a qualsiasi costo.

Indossate quelle che pensavo delle scarpette adeguate (!) e una maglietta di cotone, sono uscito. Due giri attorno all’Arena di Milano (meno di 2km, per chi non la conosce). Un fastidioso sapore metallico in bocca per lo sforzo, 15 minuti di corsa ed un solo pensiero per ognuno di quei 15 minuti: “Ma come fanno a correre questi per più di 10 minuti? Ma a che pensano? Ma chi glielo fa fare?”

E così per tutte le volte che ci sono tornato, due volte alla settimana, per un mese di seguito. Una fatica mentale immane, ma io volevo tornare a giocare a calcio. Ogni volta mi violentavo, ma ogni volta aggiungevo un metro in più alla corsa, un minuto in più. Oggi due giri, domani due e mezzo; stavolta fino a quel lampione, la prossima volta fino al quarto lampione, domenica non 20 minuti, ma 25. E via così. Ogni volta era dura, veramente dura. Ma io volevo tornare a giocare a calcio, non potevo mollare. Metro dopo metro a quanti km per singola seduta ero arrivato dopo un altro mese? Non lo so, ma sapevo una cosa. Non potevo più fare a meno della corsetta bisettimanale. Avevo passato quello che chiamo “lo scalino”.

Quando inizi a darti al podismo non lo scorgi, eppure è lì davanti, da qualche parte. E non lo vedi neanche quando lo oltrepassi. Appare chiaro ed evidente solo quando per qualche ragione salti l’allenamento programmato: è una sensazione amara, di mancanza, di difetto, come quando si andava a scuola sapendo di non aver fatto i compiti a casa. In fondo, ti sentivi in colpa.

Quando passi “lo scalino” non riesci più a tornare indietro, non riesci più a fare a meno di metterti le scarpette e uscire a correre. Se non lo fai, ti manca. Non conti più i km o i lampioni, sperando che finiscano, ma quanti riesci a farne in più nello stesso tempo della volta precedente. Impari ad amare la sofferenza. Sì, è’ faticoso arrivare a “lo scalino”, ma è tutto lì il trucco per godere appieno del piacere della corsa. Arrivarci e superarlo. Hai bisogno di un motivo. Di un ragione forte che ti faccia uscire di casa. Io volevo giocare di nuovo a calcio.

La morale in altre parole è: corri. Trovati un motivo – quello che ti pare – ma corri.

Alzati dal divano e corri. Corri poco quanto vuoi, piano quanto vuoi, ma corri.

PER FILIPPIDE, CORRI!!!!

Ti garantisco solo soddisfazioni.

Promesso.

 

Be’, capita ancora qualche volta di non aver proprio voglia di correre. Allora penso a chi vorrebbe, ma non può farlo. Ed infilo le scarpette.

Non quelle da calcio….

Un commeto su ““Mario, perché corri?”

  1. Bravo, hai ragione é proprio così, e se ci rifletti così funziona la vita, così funziona , per raggiungere gli obbiettivi che vogliamo, non sono semplici, abbiamo bisogno di tanta pazienza e volontà, sofferenza e sacrifico ma se parti non ti fermi più!
    ……x la corsa ero riuscita a raggiungere il gradino prima di scoprire di aspettare Giulietta , si la mia ultima corsa Avon Run di tre anni fa , corsa non terminata xche mi sentivo fiacca!
    Adesso devo ripartire !
    Tnks

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