La storia di una passione

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Di appassionati di sport se ne incontrano diversi, ognuno con una storia particolare. La storia di Emiliano inizia come tante altre: è quella di un bambino che sogna di diventare un campione dello sport. Diversamente da molti però, ogni volta che quel sogno si allontana non si abbatte, ma inizia nuova avventura sportiva.

Inizia giocando a calcio nella squadra dei pulcini, ma per quanto sognasse di diventar il nuovo Pablito non veniva mai convocato per le partite, neanche quando si infortunavano le riserve (era oggettivamente più scarso degli altri, volenteroso ma scarso).

Era invece piuttosto dotato nel karate, addirittura uno dei migliori della sua età a livello nazionale. Talmente bravo che il maestro ad un certo punto decise di farlo allenare con quelli più grandi (e cattivi). L’intento poteva esser anche buono, del tipo “se ti alleni seriamente e non hai altre distrazioni, puoi affrontare sfide più grandi di te”.  Solo che quelle “sfide” facevano veramente male, e cosi pensò fosse meglio dedicarsi a qualcosa di meno traumatico.

Passò dal tennis alla pallavolo e in età adulta dallo sci al windsurf. Per quanto le onde oceaniche lo facessero sentire un nuovo Robbie Naish e le piste dolomitiche il nuovo Alberto Tomba, aveva bisogno di nuove sfide.  Ma quali?

Come un tossico alla deriva, era destinato ad esser vittima del primo spacciatore di turno. Alessandro, collega e amico runner, una bella mattina gli chiese di accompagnarlo a correre. Sei mesi dopo, il pusher gli telefonò dicendo che aveva due pettorali per la maratona di New York. Era inizio agosto, aveva corso al massimo 15km e mancavano tre mesi alla gara.

“Ok”, disse, “se mi alleno seriamente ce la posso fare”.

Il suo andare claudicante dopo l’arrivo a Central Park ricordava quello dal karate a casa. Fisicamente una maratona è devastante, ma il sorriso che lo accompagnava era quello di chi finalmente era riuscito a realizzar il sogno di bambino. Le persone lo guardavano con stima e rispetto e questo lo appagava al di là di qualsiasi aspettativa.

Da quel momento ha corso in mezzo mondo. Una volta è stato addirittura ripreso da Eurosport durante  un evento internazionale a Santiago del Cile: si trattava di un  master di golf e lui era finito per errore nel green mentre si stava allenando sugli sterrati adiacenti al club.

Non solo corsa, ma anche bici. Molti si sarebbero accontentati e fermati dopo aver scalato più volte il Giau alla Maratona dles Dolomites e partecipato a qualche grande classsica del Nord Europa. Ma per lui era solo l’inizio. Il passo successivo fu prepararsi per un triathlon. Debutto nel mezzo ironman nella sua città natale, in quella Rimini che per un giorno si trasformava nel suo parco giochi preferito.

Ultimamente è stato avvistato in bici sugli appennini marchigiani, in cima al Carpegna. Per la precisione davanti ad un piatto di tagliatelle fumanti, il giusto premio per quella che lo stesso Marco Pantani  definiva una delle salite più dure su cui si allenava (“il Carpegna mi basta” ebbe a dire in più occasioni).

Oggi gli amici si chiedono quale sarà la sua prossima sfida. Nessuno lo sa, nemmeno lui.  D’altronde non è possibile sapere in anticipo dove ti portano le grandi passioni, quelle le puoi solo seguire.

Un commeto su “La storia di una passione

  1. visti gli ultimi risultati direi che la passione è accompagnata da un buon talento…
    ma davvero sei passato anche per il tennis?

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