Professionisti e amatori: le differenze sono insanabili

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Professionisti, amatori. Le gare a cui partecipiamo sono le stesse nel triathlon.
Stesso sport apparentemente, stessa linea di partenza, stesse gare, stesse distanze.
La differenza sembra esserci solo nei riscontri cronometrici, nell’equipaggiamento forse e nell’estetica più o meno perfetta dei nostri corpi. In realtà tra un amatore e un professionista, si spalanca un abisso.

Le differenze sono insanabili. E sono differenze che stanno tutte nella testa, nelle modalità, nelle declinazioni e nelle finalità ultime.

Gli amatori sono spesso personaggi in cerca d’autore. Non raramente arrivano allo sport in caccia di un porto di quiete; di una dimensione nella quale dimenticare a tratti di essere; nella quale cercare entusiasmi, nuovi motori e nuove propulsioni. Si arriva sovente allo sport per la necessità contingente di un periodo, per il bisogno di affondare la testa in qualcosa; di affogarla in qualcosa.
E così ti ritrovi ogni giorno a nuotare, a correre, a pedalare forsennatamente. Ti ritrovi a ficcare la testa sott’acqua in piscina, annegandoci dentro i pensieri. Ti ritrovi a infilare i piedi in un paio di scarpe da running, con la speranza che quelle scarpe riescano a portarti lontano. Ad appoggiare il tuo fondoschiena sul sellino di una bici, nel desiderio che quella seduta scomoda, si riveli invece un appoggio accogliente dal quale iniziare a far accelerare pulsazioni ed emozioni.
E in tutto questo, passi da attimi di euforia, che racconti con la lucidità scarsa dell’ubriachezza tipica di una felicità improvvisa. Dimentichi ansie, paure, problemi, momenti difficili della vita. E per te, quella nuova dimensione, il tuo sport, è l’essenza prima della libertà.

Per un professionista le carte si mischiano. Lui fa un altro gioco. Una giostra diversa.
Il triathlon per un Pro è la quotidianità, è campare. È la voglia ossessiva di provare a scrivere una storia; la sua e quella dello sport che pratica. È una crescita professionale, è la costruzione di sé, di un’identità con una connotazione molto più forte.
La sua quotidianità non è la tua. È a volte un cartellino che timbra per un lavoro da compiere, che diventa necessario alla costruzione del suo percorso.
Per te la libertà nello sport è anche la libertà di non praticarlo, di abbandonarlo per dei periodi, di decomprimere per fare altro, per riposare il corpo e la testa.
Per un professionista la tregua non è possibile, non è consentita. È un martellare continuo, maniacale.
Sono proprio quel rigore e quella metodicità che ne fanno quello che lui è e che tu non puoi essere, pur desiderandolo.

Ma non lasciarti ingannare, non è facile la vita di un Pro. È molto semplice finire nella tentazione di un’identificazione con loro. Vista dagli occhi di un amatore, la vita di un professionista può sembrare esclusivamente qualcosa di desiderabile, di entusiasmante; può apparire un grande varietà; un luna-park fatto di mete da sogno.

Non è realmente tutto così lineare. La vita di un Pro, soprattutto negli sport di fatica, come il triathlon, la corsa, il ciclismo, è sicuramente l’occasione di provare emozioni impagabili, fortissime e totalizzanti. Ma è anche un tragitto faticoso, fatto di disciplina e che non è sempre semplice sostenere.
È l’investimento quotidiano, di anni, alla ricerca del raggiungimento di un traguardo che può anche non arrivare; anzi, che per la maggior parte di loro non arriva mai.
È anche, spesso, la quotidiana paura che, se quel traguardo non arrivasse mai, tutto sarà privato di senso. La paura che quando le luci della ribalta si spegneranno e la giostra smetterà di girare, ci sarà un futuro da costruire da capo, da inventarsi di nuovo, senza certezze. Magari con i vent’anni passati da un pezzo.

Per fare il Pro non bastano talento e applicazione; per essere Pro ci vuole coraggio. Bisogna saper accettare il rischio senza farsi spaventare. Bisogna credere in se stessi e non voltarsi indietro. Mai.

Per fare il Pro, bisogna essere sempre e comunque, qualcosa di eccezionale, nel bene e nel male, per cui non tutti siamo nati.

5 thoughts on “Professionisti e amatori: le differenze sono insanabili

  1. Per conto mio c’è una cosa che non tutti riescono a mettere a fuoco nella testa, ma che mi hanno spiegato per benino quando, da agonista, sarebbe stato il momento e l’età giusta “Il professionista è quello che si è impegnato quando era il momento di svoltare. L’amatore è quello che vive nel ricordo di quello che avrebbe potuto essere ma che ha perso il treno e deve lavorare per campare”.
    Mancano quindi i punti di contatto tra i 2 soggetti, ma anche i presupposti. E’ possibile quindi essere un signor amatore, ma tale sei e tale resti anche se gareggi con i professionisti, segui tabelle e le istruzioni del coach.
    Per quanto riguarda quanto espresso nel post, mi dispiace ma sono in completo disaccordo sul fattore coraggio. Non serve aver coraggio per essere Pro. Non lo considero assolutamente fondamentale.
    La verità è che occorre avere talento, applicazione, deteminazione. Io avevo coraggio da vendere, ma ero scarso… Gareggiavo in bici con Gianni Bugno ma lui è diventato Bugno e io no.
    In quanto amatore, e non importa lo sport, ti puoi sbatttere fin che vuoi, ma penso sia solo per benessere oppure, superare i propri limiti ed in alcune occsaioni di vivere il sogno.
    Per emergere, vincere, conquistare un contratto Pro non serve coraggio, ci vuole altro: gambe, fiato, cuore, determinazione, spirito combattivo ma soprattutto talento. Palate di talento.
    Per conto mio il coraggio serve in altre occasioni. Se io, come altri mi alzo 6 giorni su 7 alle 5.20 di mattina per iniziare a fare tutto quello che amo (oltre al lavoro che finanzia le altre attività) non parliamo neanche più di coraggio ed applicazione, siamo oltre, abbiamo passato il limite. E’ demenza. Me l’ha confermato anche mia moglie, quella che ha il coraggio di continuare a sopportarmi.

  2. Bellissimo complimenti non ci può essere altra verità Pro is Pro all the rest of you enjoy your challenge….così inizia un briefing in un paese dove è nato il Triathlon…..

  3. con le dovute accezioni e proporzioni non c’e’ tanta differenza almeno in un aspetto…la ricerca della soddisfazione personale che in un amatore raddoppia 8e talvolta crea delusione) perché anche l’amatore – se non vuole diventare martire in gara – deve incastrare tempi e modi e tabelle o sensazioni per allenarsi al meglio, incastrare vita lavorativa (fa un altro lavoro) e famiglia, presumibilmente, o anche altri interessi personali. Un Prof sicuramente si annulla, lo sport è anche il suo lavoro, e l’obiettivo e peso psicologico è diverso, ma le “emozioni impagabili, fortissime e totalizzanti” sono anche alla finish line di un amatore che desidera vedere ripagati i suoi sforzi. Con tutto il rispetto e senza spirito di emulazione, sia Amatore sia Prof hanno tanto coraggio, forse obiettivi diversi, ma…non è realmente tutto così lineare, e non lo è proprio in quei momenti in cui desideri dare il massimo con cuore e determinazione. E sai di non essere un Prof, ma lo fai solo per te stesso. Gli amatori non sono tutti personaggi in cerca di autore, come non tutti i Prof sono persone eccezionali. Semplicemente Persone, e tutti meritiamo rispetto.

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