Hanno veramente un senso le gare per sole donne?

Una rapida ricerca su Google ci dimostra facilmente quanto siano in crescita le gare riservate alle sole donne.

Ma siamo sicuri che si tratti di un dato positivo?
Running USA riferisce che nel 2012 le donne ad aver concluso una gara erano il 56% del totale dei finisher, ovvero la percentuale più alta registrata fino ad oggi (questi dati si rifanno solamente alla situazione negli Stati Uniti). Solo nel 1990, la percentuale scendeva al 25% . I dati in percentuale, riferiti al 2012, variano leggermente sulle diverse distanze di gara, con le donne che dominano le gare più brevi, dai 5K alla mezza maratona; sulla distanza più lunga, quella della maratona, questa percentuale scende al 40% .
Per come la vedo io, questa è una notizia grandiosa; le donne nella corsa non hanno ottenuto soltanto l’uguaglianza, ma in alcuni casi risultano persino le dominatrici della ribalta nella corse su strada! Purtroppo temo però che questo genere di riscontri non si potrebbe rilevare in molti altri paesi al di fuori degli Stati Uniti. Mi capita spesso di correre in Italia e qui la percentuale di donne che partecipa alle gare è ancora piuttosto bassa – nonostante gli sforzi di molti grandi allenatori e mental coach per promuovere i benefici della corsa “al femminile”.

Per avere un’idea di quanto sia variabile il rapporto rapporto maschi/femmine tra i finisher delle diverse maratone, si guardi a questi dati riferiti al 2012 e pubblicati da ARRS (Association  of Road Racing Statisticians).

Nike Women's 5 km race in Caracas

Tuttavia, io non amo le gare riservate alle sole donne.
Non fraintendetemi, io credo veramente che le donne dovrebbero essere incoraggiate a praticare sport; sono anche assolutamente favorevole a qualunque iniziativa che dia alle donne (o agli uomini!) un buon motivo per iniziare a praticare sport.  Sono solo un po’ preoccupata  del messaggio fuorviante che potrebbe passare nel vedere così tante gare riservate solo al gentil sesso. Non rischiamo forse di far passare il concetto che le donne abbiano bisogno di gare “speciali” e di perdere così di vista quell’orizzonte speciale che è il fatto che, indipendentemente dal sesso , dall’età , dal ritmo di corsa, dall’allenamento, in gara siamo tutti sulla stessa barca? Noi riunners abbiamo l’opportunità di correre tutti la stessa, lo stesso giorno, nello stesso momento, così i top atletes, come i semplici amatori. In quale altro sport succede ci si può permettere questo lusso?

 

Esiste una vera e propria community di podisti, che si incontra on line e sulle strade. Centinaia di migliaia di persone che hanno vissuto gli alti e bassi del nostro sport preferito , che hanno sperimentato tutto, dall’orgoglio di aver corso il loro primo giro intorno al parco cittadino, fino ad arrivare all’aver tagliato il traguardo di un’ultra- maratona.

Forse sono solo stata molto fortunata, ma ho sempre riscontrato ( salvo pochissime eccezioni ) nei podisti un’inclinazione naturale all’accoglienza anche nei confronti dei neofiti, una disponibilità a dare suggerimenti, consigli e sostegno morale, solo nel nome di una comune condivisione dell’amore per questo sport.

 

A testimonianza di ciò, si può buttare l’occhio sul traguardo di una maratona e vedere quanti sono i concorrenti che rallentano il proprio ritmo negli ultimi kilometri di gara, solo per supportare l’amico in difficoltà; o ancora puntare più in alto in classifica e guardare gli atleti top che si danno battaglia fino all’ultimo metro di gara e poi, passata quella linea, si abbracciano e vanno a bersi una birra insieme.

Ciascun podista ha avuto esperienza di giornate magiche, nelle quali le gambe girano da sole e di altri giorni in cui invece ogni passo sembra una conquista. Ci siamo trovati tutti, con le gambe doloranti e la stanchezza a fare da padrona, a farci delle domande del tipo: “Che ci faccio la domenica mattina presto a correre con degli sconosciuti, mentre amici e parenti sono tranquilli a  rilassarsi a casa. Alla fine però, le risposte arrivano tutte insieme, quando tagliamo il traguardo e magari ci portiamo a casa anche l’orgoglio personale di aver centrato il nostro personal best. È la condivisione di questo genere di vissuti, che crea un legame tra le persone, che difficilmente può replicarsi in ambiti diversi dallo sport.

 

Fino ad ora ho parlato di “runners” e so che questo tema evoca nella mente di molti, l’idea di persone perfettamente in forma, con fisici scultorei e in grado di compiere gesta sportive straordinarie. La realtà però non è quella diffusamente immaginata; una delle caratteristiche più belle della corsa è il suo essere uno sport democratico. Non ci sono barriere all’ingresso di questo mondo e per entrarvi, tutto quello che vi è chiesto di fare, è allacciare le scarpe e cominciare a mettere un piede davanti all’altro.
Nella formulazione di gare connotate al femminile, stiamo forse perdendo questo profondo senso di democraticità e di comunità; stiamo in un certo modo dicendo che le donne necessitano forse di un trattamento diverso, speciale. Che per loro sia necessario creare un recinto protetto nel quale gareggiare, come se in qualche modo, non avessero le caratteristiche per accedere alle prove nelle quali vi è partecipazione maschile.

 

È vero che a livello élite, gli uomini sono più veloci rispetto alle donne. Ma, a cominciare dal 2h15’ di Paula Radcliffe, è indubbio che esistano molte donne estremamente veloci in maratona. Molto veloci. Sicuramente molto più veloci di un sacco di uomini. Per le competizioni che vantano un grande numero di partecipanti, questa è una scusa non valida. E ancora una volta, questo concetto va contro lo spirito fondante di questo sport, che è quello di essere sport di massa ed accogliere chiunque voglia accedervi.

 

Capisco che per un principiante non sia semplice iniziare a corre, approcciarsi ad una gara, superare il complesso del sentirsi “ridicolo” o inadeguato (io per prima sono passata attraverso queste fasi!).

 

Questo esordio può essere reso ancora più ostico se non si ha l’adeguato supporto (o peggio magari si è anche apertamente scoraggiati!) di famigliari e amici. Tuttavia, c’è da dire che uno dei più grandi benefici derivanti dalla corsa, non è tanto quello del raggiungimento di una migliore forma fisica, quanto piuttosto l’acquisizione progressiva di una maggiore fiducia in se stessi, di nuova determinazione, di nuovi stimoli che spingano verso traguardi nuovi e più ambiziosi.

 

Ecco, in quest’ottica forse la partecipazione a gare riservate a sole donne, potrebbe essere un pochino d’aiuto per le runners più timide o preoccupate del giudizio altrui (anche se personalmente sono convinta che le donne siano più critiche degli uomini a volte; è una questione caratteriale non di genere sessuale), ma l’invito che mi sento di rivolgere a tutte le esordienti “in rosa” è di iscriversi subito ad una squadra o ad una gara mista. Forse in un primo momento potreste essere un pochino in imbarazzo, ma una volta passato il primo approccio, vi sentirete molto meglio e contente di quel che avete fatto.

 

Ma soprattutto, una volta che vi presenterete sulla linea di partenza di una qualsiasi gara mista, vi renderete immediatamente conto che ciascuno di noi in quel frangente, sembra abbastanza ridicolo, ma al contempo starete da Dio.
Ohi, e poi non posso certo negare, che battere un sacco di uomini sul traguardo sia un grande godimento e un formidabile stimolo ad allenarsi sempre di più!

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