Kostner e Pellegrini: è sempre una questione di scelte

 

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C’è qualcosa che non torna, che stride a volte, nello sport come nella vita.

È storia recente quella riportata da più organi di informazione sul confronto-scontro tra Carolina Kostner e Federica Pellegrini. La prima, angelica pattinatrice ed ex compagna di Alex Schwazer (il marciatore azzurro trovato positivo per Epo alla vigilia delle Olimpiadi di Londra 2012), la seconda, nuotatrice imponente e dominatrice dell’acqua per i colori azzurri.

Il pretesto è fra i più ricorrenti, purtroppo, tra le pagine delle cronache sportive delle ultime stagioni. Si parla di doping e di omertà. Di chi sa e non denuncia. Di chi ha taciuto e coperto e di chi mai lo farebbe e ci tiene a ribadirlo.

Da alcuni giorni Carolina è sotto i riflettori per la divulgazione da parte del Corriere della Sera, di quanto avrebbe riferito negli interrogatori della procura di Bolzano nell’ambito dell’indagine sull’ex fidanzato. Avrebbe raccontato dell’uso di macchinari strani, dell’assillo di Alex per controlli antidoping e di incontri clandestini con il dottor Ferrari. La Procura parla per lei di ‘omertà’ e la sospetta di copertura di pratiche illecite legate al doping.

Non è solo la procura e forse parte dell’opinione pubblica ad accusare Carolina. Lo fa anche Federica Pellegrini, pubblicamente e con sdegno manifesto. Con la sfrontatezza di chi vuole prendere le distanze da qualcosa che sente con certezza non appartenerle. Le sue sono parole pesanti, soprattutto perché pronunciate da un’icona dello sport nazionale.
Non ci pensa neppure un secondo; nemmeno un solo attimo di esitazione: ‘Tolleranza zero. Se fosse capitato a Filippo (ndr Magnini) lo avrei mollato molti mesi prima’.
Sdegno e netto distinguo per queste situazioni di promiscuità legate allo sport professionistico e a quelle ‘scorciatoie’ che proprio lei non può tollerare e che la disgustano.
Posizione sacrosanta la sua; assolutamente chiara e inattaccabile. A tal punto ‘politicamente corretta’ e fredda, da risultare a pelle quasi indelicata; presuntuosa a tratti.

C’è in tutti noi una chiara repulsa nei confronti del doping. Ci sentiamo traditi. Vediamo irrimediabilmente infranti i nostri sogni di spettatori e tifosi. Ma la compassione umana, il turbamento, la solidarietà emotiva, quelli stanno su un piano molto diverso. Il piano dell’umano e della fragilità. Il piano della commozione che nasce dal riconoscimento di una gracilità d’esseri, che scuote e turba proprio perché facilmente la sentiamo nostra.

E non è compassione per Alex e per le sue lacrime questa volta, ma per Carolina.

E non si tratta della tolleranza per chi ha scelto di imboccare una scorciatoia e infrangere le regole, quanto piuttosto della tenerezza che si prova nell’immaginare, forse romanticamente, che l’affetto e l’essersi scelti ‘compagni’ nella vita, possa avere un valore assoluto maggiore del rispetto della norma.

E così sentiamo Federica improvvisamente lontana. Fredda.
E ci troviamo a pensare a Carolina come a un essere umano che ha fatto una scelta di sentimento, più che di rigore morale. Ne percepiamo l’abbraccio a un compagno fragile, piegato da un momento di difficoltà. Ci vuole coraggio a pensare a un ‘ci sono nonostante tutto’, a mettere da parte il ‘conveniente’ e ‘l’opportuno’, in nome di un sentire.

Ci vuole coraggio a stare e lì e scegliere di farlo ogni giorno. A rinnovare quotidianamente una scelta di valore emotivo.
Alla fine ci vuole più coraggio e grandezza d’anima ad apparire fragile, a mettere in gioco la propria ‘faccia pubblica’, dicendo ‘non ti lascio affondare’ perché ti voglio bene, che a restare avvinghiati all’impalcatura morale della rettitudine sopra a ogni cosa, anche a sprezzo del dolore, anche a costo dell’amore.

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