Donne e sport: il confronto tra i sessi

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Gli sport di endurance sono un terreno fertile per far optare tante donne per una mascolinità ostentata.
La percezione è quella che, soprattutto nello sport, alcune di noi avvertano per qualche motivo, la necessità di uscire vincitrici dallo scontro testosteronico e muscolare con il maschio; come se rivelare anche solo qualche pallido tratto femminile, possa essere il segno ignobile di una fragilità genetica, da rifuggire e nascondere.
Sarà capitato un po’ a tutti di vedere al via di qualche gara di ciclismo, running o triathlon, ragazze che evitano con determinazione qualsiasi atteggiamento che possa rivelarne la femminilità. Lavorano con ferrea determinazione sullo sviluppo muscolare, sulla prestanza atletica, sull’atteggiamento grezzo, sul linguaggio ‘da osteria’, sullo sguardo ostile e sull’aggressività dei modi e dei gesti.
La relazione con il maschio, che sia compagno di squadra o compagno di vita, è sempre competitiva e sfidante. La dolcezza, la complicità e la morbidezza nel rapporto, spariscono e il gioco di ruoli si inverte, nel tentativo di sottrarre al compagno la corona di maschio alfa. Il confronto si sposta sul piano dei numeri, che siano watt o kilometri orari in bicicletta o che siano ritmi e resistenza nel running.
Lo sport per alcune di noi diventa così un’occasione d’oro per mostrare di saper mettere ‘le palle sul tavolo’ e non temere il confronto con l’altro sesso; come se questo confronto fosse determinante in ottica di sopravvivenza o come se l’uscirne vincitrici, ci rendesse in qualche modo più degne di far parte del branco.
Conosco molte atlete che non fanno certo della vanità di piacere o della superficialità civettuola i loro tratti distintivi, ma che sanno aprirsi in sorrisi e modi d’essere d’una tenerezza gradevolissima e confortante. Sono donne di sport, donne forti, che fanno di pudore, prudenza e dolcezza il loro modo di stare nel mondo; anche in quello sportivo.
Mi domando quindi cosa spinga molte di noi ad abdicare ad un ruolo che geneticamente ci è dato e che corrisponde ad un modo d’essere solamente più ‘gentile’ ed accogliente.
Ma in realtà mi stupisce certamente di più che molti uomini accettino questo gioco. Mi domando quale necessità li porti a dire di sì alla sfida e a scendere in competizione con una donna.
Se è vero che nella diversità biologica risiede la chiave vincente per l’evoluzione della specie, mi viene da pensare che questa differenza tra i sessi dovrebbe essere considerata, anche nello sport, una risorsa e non una ‘lettera scarlatta’ che indichi una colpa o una carenza.
E voi che ne pensate?

Un commeto su “Donne e sport: il confronto tra i sessi

  1. E io corro. Corro ergo sum. Corro e la mia mente si espande all’infinito, senza limiti. Corro e la mia mente corre con me, non 1 ma 10, 100, 1000 maratone. Corro e mi brucio, e rinasco dalle mie ceneri come l’Araba Fenice. Corro e vado oltre, oltre le apparenze, oltre le prigioni mentali. Poi mi fermo. Non posso accettare che qualcuno cerchi di nuovo e ancora di mettere in una scatola, di etichettare e di inquadrare quello che io cerco invece di aprire. Soprattutto quando questo qualcuno é una donna. Ma perché il nostro peggior nemico siamo noi stesse? Io non corro contro, io corro per. Io non corro per ostentare la mia mascolinità ma neanche per esibire la mia femminilità. Dovrei correre coi tacchi? O dovrei mettermi il rossetto? Dovrei sorridere quando le mie gambe tremano, quando il sudore scende su tutto il mio viso, quando i miei muscoli si contraggono? Devo scusarmi se impreco? Come si fa a dire che certe donne “lavorano apposta sullo sguardo ostile”? Si mettono davanti allo specchio a farsi le boccacce? Are u looking at me? Ti spiezzo in due! Aggressività dei modi? Magari é il loro modo di essere. Anche qui nello sport dobbiamo parlare di inversione del gioco di ruolo? Che poi cosa vuol dire? Che io mi disegno due baffoni e lui si mette i tacchi come Carl Lewis nella famosa foto? Le palle sul tavolo, il maschio Alfa, il confronto con l’altro sesso… Ancora qui siamo? La lettera scarlatta nel romanzo omonimo indicava qualità di indipendenza, di orgoglio e di libertà intellettuale. Una lettera esibita con fierezza in nome dell’amore per un uomo, non per una relazione “che é sempre competitiva e sfidante”. E a qs proposito io non ho questo tipo di relazione con gli uomini. Perché sto bene con me stessa. E non ho bisogno né di mettere in risalto la mia femminilità né di assomigliare a un uomo, perché quello che sono si vede. Io queste donne dalla mascolinità ostentata non le vedo. E questo genere di commenti stanno meglio in bocca a un uomo che a una donna, una donna che vorrebbe essere gentile. Perché non possiamo correre e basta? É assurdo scandalizzarsi della “mascolinità” di certe donne quando invece la vera tragedia della donna nella società moderna é di dover correre dalla mattina alla sera nel nome di una cosiddetta parità uomo/donna, nel nome di un’uguaglianza tra i sessi che confondiamo con una vittoria del femminismo. Una vittoria per la quale dobbiamo lavorare il doppio se non il triplo degli uomini, perché abbiamo una casa, un lavoro e dei figli. E pensiamo di avere vinto, quando torniamo a casa stanche dopo la nostra “maratona” quotidiana, la nostra battaglia. E allora lasciateci correre per il solo gusto di farlo, senza nessuna implicazione. “Siamo così, è difficile spiegare…”

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