Scott Jurek: l’uomo che ha saputo fare dell’ultrarunning una filosofia

Scott Jurek 2-2

La giornalista britannica Natalie Lucas ha avuto l’ opportunità di incontrare l’ultrarunner americano Scott Jurek . Scott è stato il vincitore di alcune tra le gare più famose di ultrarunning nel mondo ed egli imputa buona parte dei suoi successi alla dieta vegana e alla sua capacità di accogliere e trarre insegnamenti preziosi dalla sofferenza e dal dolore provato durante le lunghissime gare cui ha partecipato. Ecco quanto Natalie Lucas ha scritto a proposito di questo campione e delle motivazioni che lo spingono a continuare a correre, anche quando le cose si fanno difficili:

Scott Jurek è uno degli ultrarunners più famosi del mondo. Lui è una vera ispirazione per molti sportivi e sostiene che chiunque possa diventare un ultrarunner! Scott non è uno qualunque; ha vinto centinaia di gare su lunga distanza in tutto il mondo ed ha scritto un libro che è compreso nei best-seller del New York Times.

Come ha fatto ad arrivare tanto lontano? Scott è cresciuto nel Nord del Minnesota e ha trascorso gran parte della propria infanzia tra i boschi, cacciando e pescando. “Non avevamo altri bambini nel vicinato; io, mia sorella e mio fratello dovevamo lavorare di fantasia per impegnare il tempo. La nostra era una vita molto semplice” , racconta Scott. Suo padre era spesso precario nel lavoro, così la vita non era affatto semplice per la famiglia Jurek . “Mia madre faceva l’insegnante di cucina, così io ero sempre impegnato a fare giardinaggio con lei o a preparare biscotti o pane fresco e conserve”.

La vita di Scott fu sconvolta a 8 anni, quando fu diagnosticata alla mamma la sclerosi multipla. Questa malattia materna ha avuto un impatto devastante sulla sua infanzia. Sua madre non poteva più badare alla casa e questo è in breve tempo diventato uno dei compiti che i bambini dovevano assolvere. Lei purtroppo è scomparsa nel 2010 dopo oltre trent’anni di lotta con questa malattia. “Ho un corpo sano, che mi permette di correre e sento di dover sfruttare questa mia capacità. Io corro ogni giorno per le persone che hanno la possibilità di farlo”.

La mamma di Scott era andata all’università e suo padre era stato militare; queste due esperienze influenzarono molto l’educazione di Scott e gli insegnarono a lavorare sodo nello studio. Nulla è stato facile per Scott, ma la sua forte etica nel lavoro, gli ha fatto superare anche gli ostacoli più impegnativi. “Allora per poter andare al college, non avevo altra strada che guadagnarmi una borsa di studio e quindi ho dovuto lavorare molto duramente. Anche questo mi ha dato le giuste motivazioni per poter fare bene”.

Durante questo intenso periodo di impegno con lo studio, Scott è stato atleta di sci nordico e durante la stagione non agonistica era spronato dal suo allenatore a provare attività sportive come il pattinaggio a rotelle, il ciclismo e il running. Il problema era però che Scott non possedeva né una bici, né dei pattini e così l’unica scelta possibile fu la corsa. “Ho iniziato molto gradualmente. Ho corso prima un solo miglio, poi due, fino ad arrivare a otto miglia. All’inizio non provavo alcun piacere, ma alla fine ho imparato ad apprezzare questo sport e a godere ogni volta che portavo a termine un obiettivo più ambizioso”.

Dusty, un caro amico di Scott, nel 1994 lo sfidò a correre una maratona con lui, per partecipare poi, a pochissimi giorni di distanza, anche ad una gara di 50 miglia. Allora Scott avevo solo 20 anni e questa proposta gli sembrò allettante e perfetta, per compiere un grande salto verso l’ignoto. E come avrebbe potuto non accogliere la provocazione di Dusty ?

Entrambi quell’anno finirono la maratona e si schierarono sulla starting line della Minnesota Voyager 50 Miler. ” Improvvisamente mi sentii scoraggiato “, ricorda Scott , “Come diavolo avrei potuto correre 50 miglia? Ma mi piaceva però l’idea di fare qualcosa che non avrei mai pensato di fare. Fu un’esperienza magnifica. La ricordo come una grande avventura, vissuta con lo stupore di chi per la prima volta si trova al di fuori della propria zona di comfort e riesce a non lasciarsi andare”.

Scott fu sorpreso di vedere persone di ogni tipo, pronte alla partenza. Si sentiva nervoso perché sapeva di essersi allenato per una maratona, ma di non aver fatto abbastanza per essere pronto a coprire una distanza così grande come quelle 50 miglia che lo aspettavano. Sapeva che non sarebbe stato un gioco da ragazzi e che tra 30, 40 miglia e 50, c’era un mare di mezzo. Era evidentemente spaventato . “La paura è un bene per l’uomo; ci rende umili e ci fa avere rispetto. Inoltre, l’essere spaventati ci porta in uno stato di particolare eccitazione. Mi rendevo conto che ero in procinto di iniziare un vero e proprio viaggio di 50 miglia e che durante quel viaggio avrei potuto contare solo sulla forza delle mie gambe”. Nelle prime fasi di gara Scott si trovò a correre molto vicino ai primi cinque atleti, ma tagliò il traguardo finale perfino al secondo posto. “Dopo la gara ho realizzato di aver compiuto un’impresa straordinaria per me. Era la cosa più difficile che avevo fatto fino ad allora ed ero certo che non avrei mai potuto ripetere un’impresa simile”. Ma qualcosa stava già cambiando nel suo modo di pensare. I riscontri di successo che aveva ricevuto, iniziarono a fargli pensare che forse le gare sulle lunghe distanze potevano essere la sua strada nel mondo dello sport. A quei tempi le gare di ultrarunning non avevano ancora avuto il successo esplosivo che invece vivono oggi.

L’impegno di Scott nello studio portò i suoi frutti e gli fece ottenere, al termine del percorso, il diploma. Dopo aver curato la madre per molti anni, si rese conto che aveva il desiderio di diventare fisioterapista. Così fu; aprì un proprio studio e lavorò per molti anni in supporto ad atleti afflitti da infortuni sportivi o invalidità croniche. Lavorò per oltre 15 anni a Seattle in Colorado.

Arrivò il 1998 e Scott in quel periodo iniziò a puntare con determinazione a gare di 100 miglia, in calendario nel panorama nazionale. Quegli anni iniziò a vincere e sembrò uscito dal nulla. Era sostanzialmente, agli occhi degli altri, un ragazzo di campagna, arrivato improvvisamente e che aveva iniziato a vincere tutte le grandi corse su lunga distanza nel Mid-West americano.

Nella prima gara sulla distanza delle 100 miglia, Scott arrivò secondo, ma già l’anno successivo andò a vincere la Western States 100 Endurance Race. Questa divenne la sua gara per elezione; fu primo per sette anni consecutivi 1999-2005 senza che nessuno potè opporsi al suo dominio. In quella gara restò imbattuto, fino a quando, dopo otto edizioni, decise di guardare ad altri obiettivi e provare qualcosa di nuovo.

Fino a quel momento Scott aveva gareggiato solo off road e nei trail. Adesso le cose stavano cambiando ed era arrivato il momento di provare l’asfalto. Scott affrontò la storica Spartathlon di 153 miglia. La vinse per tre edizioni consecutive. La sua capacità di apprezzare lo sport e di averne profondo rispetto fu riconosciuta. Alcune aziende vollero sponsorizzarlo e lo portarono a gareggiare in tutto il mondo. Scott poteva finalmente dilettarsi nella partecipazione a gare di lunga distanza, sia su strada che off-road.

In quel periodo Scott stava ancora esercitando la professione di fisioterapista e passava in studio dalle 40 alle 50 ore a settimana, cercando di coniugare questa attività con quella di atleta professionista. La svolta arrivò nel 2004 quando Brooks Sports si interessò a lui e volle sponsorizzarlo. Brooks è ancora oggi sponsor di Scott e proprio questo sodalizio, gli consentì di mettere un pochino da parte l’attività sanitaria, per dedicarsi maggiormente all’ultra-running.

Scott ha lavorato a stretto contatto con il team di ingegneri di Brooks e ha progettato con loro scarpe appositamente pensate per le sue esigenze in corsa . “Ho lavorato con Brooks negli ultimi nove anni e la collaborazione è stata molto proficua. Brooks è un’azienda molto seria e tutte le persone che ci lavorano sono molto appassionate di corsa. La loro progettazione è volta all’ottimizzazione della performance degli atleti, ma l’obiettivo cui puntano maggiormente è sostenere tutti i podisti, affinché possano godere a pieno del loro sport. Vogliono che ciascuno viva il running come una grande esperienza”.

Scott ha così finito per vincere quasi tutte le più importanti gare di trail e ultra running nel mondo, tra cui la la Hardrock 100, la Badwater Ultramarathon 135 miglia e il Miwok 100K .

Il suo più grande trionfo, ma anche la gara in assoluto più dura della sua carriera, è stata la 24-Hour Run del 2010, in occasione dei Campionati del Mondo in Francia. La gara si sviluppava su un giro di un miglio circa, da ripetere continuativamente per 24h cercando di coprire la distanza più ampia possibile. «Mi ha sfinito la monotonia di quella gara. Credo di non aver mai provato nulla di più faticoso e difficile. Un giro dopo l’altro. Nulla che mi tenesse sveglia la testa”. In quell’occasione la mamma di Scott era morta da poco e lui ha corso per lei; è stata la sua forza.

Scott ha stabilito un nuovo record degli Stati Uniti nella 24H Run con un totale di 165,7 miglia percorse, pari complessivamente a sei maratone e mezza corse in un solo giorno.

Il Washington Times lo ha eletto uno migliori dei top runners del decennio, Runner’s World gli ha conferito un riconoscimento nell’ambito degli Heroes of Running e Ultrarunning Magazine l’ha nominato ultrarunners dell’anno per ben tre volte.

La cosa sorprendente è che tutta questa carriera e tutti questi risultati, sono stati ottenuti con una dieta esclusivamente vegetariana, il che rende la sua storia ancora più interessante. Con un passato da cacciatore, da ragazzo Scott era poi diventato vegano. Molti dei suoi amici lo hanno invitato a scrivere un libro di ricette. Scott è sempre stato restio a questo, fino a quando, nel 2010, ha scritto e fatto pubblicare Eat & Run, che si è rivelato un grande successo di critica. Non si trattava di un libro di sole ricette. Scott tra le pagine ha raccontato per intero la sua vita e la sua carriera di atleta. La storia di Scott ha rivelato la forza di una volontà di ferro e l’importanza di considerare il cibo come il nostro carburante.

“Quello che ho voluto fare in questo libro, è stato raccontare tutto ciò che ho imparato nel corso della vita sul running e sull’alimentazione. Sostanzialmente ho raccontato di quanto la corsa e la sana alimentazione siano state le chiavi che ho usato per vivere al meglio la mia vita. Volevo condividere con gli altri quest’esperienze e le conclusioni alle quali sono arrivato. Con l’integrazione di due piani importanti , ho trasformato la mia vita”.

La corsa di lunga distanza fa sentire Scott una persona completa; lo spoglia . “L’ultrarunning può essere estenuante e a volte, mi sembra di non essere in grado di arrivare fino al prossimo passo di montagna, finchè non ci arrivo veramente. Tuttavia per me questa è una sorta di disciplina; mi rende più forte mentalmente, mi permette di essere in contatto con la natura, mi rende una persona migliore. Grazie a tutti questi insegnamenti credo di aver imparato ad affrontare al meglio la vita. La sensazione di poter sopravvivere a qualunque avversità ambientale; è vita primordiale e mi piace”.

Una grande fonte di ispirazione per Scott è da sempre stata sua madre. Lui ha alzato gli occhi al cielo diverse volte nella sua vita ed ha ammirato quella donna forte che è diventata improvvisamente incapace di fare anche le cose più semplici, ma non ha mai mollato. Il suo esempio vive con i suoi successi .

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